Well,
since my baby left me,
I found a new place
to dwell.
Elvis Presley, Heartbreak Hotel
1940. Nasce nella provincia americana del profondo Sud, famiglia sottoproletaria, tanta roba. La sua vita cambia quando a 16 anni, bevendo un Rabarbaro Zucca in un baretto di Tupelo, Mississippi, incontra tale Elvis Aaron Presley, un promettente cantante che inizia a farle la corte e le dedica un pezzo in cui lui crede molto, Heartbreak Hotel. Mossa da una primordiale punta di cazzimma e sesto senso per gli affari che l’accompagneranno in tutte le scelte della vita, lei lo bolla come sfigato e rifiuta qualunque approccio da parte del giovane impomatato.
Decide ben presto di allontanarsi da quel posto di merda e si trasferisce in Texas, instaurando intorno alla fine degli anni ‘50 una amorosa relazione di sensi con tal Lee Harvey Oswald, un tenero cecchino dalla mano ferma. Una storia che la appassiona ma che non la convince del tutto: i continui acquisti di armi di precisione e le lunghe passeggiate mano nella mano lungo la Dealey Plaza di Dallas sembrano essere l’unico interesse dell’amato bene. Alla fine della storia, conclusasi tragicamente con la morte di lui il 24.11.1963, affogata dai sensi di colpa per la morte di J.F.Kennedy causata– ma stiamo ancora indagando – dalla di lei ormai andata dolce metà, si trasferisce a Washington D.C. e diventa l’ amante ufficiale di Lyndon Johnson, nonchè paladina della Great Society di nuova generazione.
In un viaggio presidenziale nel gennaio ’69 in Gran Bretagna, decide di smettere per qualche ora i panni di First Lady ufficiosa e di andare a trovare un amico in zona St John’s Wood, NW8, Londra. Si imbatte casualmente in 4 capelloni in fila sulle strisce pedonali davanti gli Abbey Studios, senza dii meglio da fare che farsi fotografare bloccando il traffico della capitale inglese. Viene istantaneamente illuminata dal sorriso di uno dei quattro – ma è senza scarpe, sarà mica il solito squatter di Frestonia?
“Oh Darling”, l’apostrofa un altro – capelli lisci, occhialini tondi e naso da sparviero. La nostra eroina chiede al fotografo qualche informazione: si chiama John, uno di Liverpool, uno strano forte – le dice. Così ha inizio il suo periodo da amante Hippy e in pochi ormai ricordano che nelle famose foto del Bed-In non è Yoko Ono quella accanto a Lennon, ma la Nostra grande protagonista del ‘900 – abilmente postprodotta con la faccia della insopportabile edochiana dal capello crespo incollata alla menopeggio. La storia coi Beatles finisce dopo pochi mesi: non si può competere con la poliedricità di Yoko, nè con la dolcezza di Linda che monopolizza le attenzioni di Paul. Le rimangono quindi Ringo, che ancora non si è capito che ci facesse là in mezzo, e George, più attirato dagli Hare Kṛṣṇa che dalle di lei virtù.
Abbandonato il progetto di Groupie ufficiale dei Fab Four, decide di tornare negli USA, dove incontra Richard Nixon che, con qualche pezzo di argenteria della Casa Bianca che gli spunta dalla tasca, la innalza prima a musa del Watergate e poi la spedisce in Vietnam a preparare tegolini al napalm per gli autoctoni. Dopo le dimissioni di Nixon, nauseata dai giochi di potere made in USA decide di restare in Asia, dove passa diversi anni nella prefettura di Huaiyin a lavorare nelle risaie convincendosi di portar sfiga. Nel 1981, moralmente devastata e svuotata e anche non poco fisicamente incessita dall’umidità e dai reumatismi, dopo aver intrattenuto una breve storia clandestina con Zhou Enlai – l’ennesima relazione in cui lei investe in sentimenti ma lui muore male – ella torna finalmente negli Usa, dove viene accolta da un embrionale edonismo reganiano.
Dal parrucchiere per le orride meches, incrocia David Hasselhoff durante una sessione di cotonatura ed è subito amore – ma l’idillio finisce quando i suoi manager chiedono lui di farsi crescere il baffetto laido per intepretare l’irriconoscibile gemello cattivo del protagonista di Supercar.
Inconsolabile, la Nostra si infila una giacca con le spalline e, scaldamuscoli ai polpacci, vola a Londra dove vivrà disagiata fino al 1989.
In questi anni nella City svolge diversi lavori saltuari, tra cui ricordiamo assistente parrucchiera di Nik Kershaw, portatrice dello strascico dell’ abito nuziale di Lady Diana, classificatrice degli occhiali di Elton John, consulente psicologica di Morrissey che le dedicherà ‘Girlfriend in a coma’ (I know, I know, it’s really serious), donna delle pulizie in Downing Street – una breve liason con Margareth Thatcher le darà le basi di Diritto internazionale che oggi le servono nel suo lavoro. Apre una bancarella di bacchette da direttore d’orchestra all’ Apple Market di Covent Garden, ma è un fallimento – maledetto pop easy listening! Successivamente prova con una pinoleria a Hide Park ma neanche quello va in porto: inizia a sentirsi una dei Malavoglia.
Nell’ autunno 1989, sfiancata dai numerosi fallimenti e ormai quasi 50enne, decide di concedersi un meritato viaggio a Berlino Ovest, a trovare la decrepita sorella della madre, un simulacro di donna con un piede nella morgue e l’altro nella fossa. Il 9 novembre passeggia lungo l’ Unter Den Linden quando scoppia l’accanimento contro il Muro, e subito dopo l’apertura del primo varco verso l’Europa unita un gruppo di Berlinesi di Pankow alla seconda cassa di Rotkäppchen riesce a scavalcare il Muro e non esita a legarla a mo’ di polena sul cofano di una Trabant color nocciola e a usarla come ariete per sfondare il Muro a colpi di craniate (pur trovandosi a pochi metri da un comodo checkpoint). Dopo aver accolto in piena faccia l’abbraccio di un’ Europa senza confini, si trasferisce in Italia nel 1992, nel pieno degli anni di Fango, sperando al fin di sfruttare il suo curriculum di scienze politiche maturato grazie ai rapporti diplomatici con praticamente tutti i vip politici contemporanei, compresa la Lady di Ferro.
I successi in questo campo non mancano: da destra a sinistra, dalle ronde nazionaliste in stile Nazisti dell’Illinois alle bandiere della CGIL, dai drappelli del Carroccio sulle rive del Po al partito dell’ Amore, gli ultimi anni di disinteressato trasformismo politico la portano nel gabinetto del Premier prima, a Palazzo Madama poi. Attualmente in trepidante attesa della nomina di Senatrice a vita, per aver illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario, come da art.59 della Costituzione Italiana.
Nei tempi morti di questa esistenza al retrogusto di Brioschi, legge tanto, ascolta molto, scrive medio, si muove assai, vede cose – non sempre raccontabili.
Colonna sonora consigliata:
Photo Credits: Wikipedia. Cover Photo by iviaggideldisagio.it
Chi scrive ‘sta roba?
Ciao, sono Ila
Rammendo buchi di sceneggiatura da oltre trent'anni